Wisky ragnetto
Wisky ragnetto
risale la montagna;
la pioggia lo bagna,
e wisky scende giu.
Più – giù.
Ma poi esce il sole
e wisky si asciuga;
risale la montagna,
e va sempre più su.
Più – sù.
In cima alla montagna
c’è una casetta ;
con dentro una streghetta,
che lo vuole mangiare.
Gnam – gnam
Ma wisky è molto furbo
e corre dalla sua mamma,
e non la lascia più.
Mai – più.
Questa canzoncina che mia figlia ha imparato all’asilo, all’età di quattro anni, è un piccolo compendio della Divina Commedia.
Riguarda un ragnetto, insetto insignificante e non proprio bellissimo e buonissimo. Riguarda ciascuno di noi. Gente un po’ bruttina, un po’ neretta e sporchetta, che striscia ed uccide, che tesse inganni, gente scesa qui giù lungo un filo, un filo ragnatela che ci intriga qui, un filo di Arianna: dovremo infatti tornarcene da dove siamo venuti.
Il ragnetto infatti cerca disperatamente di risalire in alto, verso la casetta sua in cielo, verso la luce, il sole, il bel tempo.
Il problema che si pone quindi in apertura è quello di salire al cielo, e questo si potrà fare risalendo il monte.
Wisky ragnetto deve raggiungere la cima del monte, la casetta che si trova là in cima.
Questa di risalire è una attività quasi automatica: lui sempre risale.
Ma nonostante i suoi sforzi, perde sempre più terreno. Il brutto tempo della vita lo bagna, lo deprime, lo rigetta verso il basso.[1]
Succede. C’est la vie; è la forza di gravità. La natura è ostile, e la “sorte avversa” vince in queste prime prove di risalita.
I bambini accompagnano questo brano con le mani, mimando la sua arrampicata.
Tuttavia questo stato di prostrazione di Wisky si muterà poi in un momento di positività, quando splende il Sole, che lo asciuga, e conforta, e rinvigorisce.
Non può infatti essere sempre cattivo tempo, sempre inverno, notte.
Deve ritornare il Sole, la primavera, “Ha da passà a nuttata”, nella vita ci sono i pro e i contro. E’ legge di natura che tutto scorra tra i due estremi polari.[2]
Sin qui il male e il bene provengono da questi elementi naturali, sono situazioni legate alla ciclicità della vita.
La lezione da imparare sin qui è che se impariamo come gestire la notte e la pioggia così come ad utilizzare il giorno riusciremo infine, come il ragnetto, a risalire la montagna. [3]
Wisky ha così capito come si sale sempre più su.
Potrebbe anche arrivare in cielo, in cima, allora.
Senonché….
Senonché interviene un fattore differente. Infatti, la casetta risulta impraticabile non per ostacoli naturali, involontari, impersonali, passivi, che vincono la forza del ragnetto, ma per un ostacolo attivo.
Sorpresa!
Dentro la casetta c’è una streghetta.
Ma guarda un po’; proprio dentro la tua casa, proprio dentro di te.
Proprio ora che si arriva a casa, che sembrava che potevamo raggiungere la meta, il nostro bene, il male allora si presenta in tutta la sua potenza. E questo avversario si presenta dentro casa, dentro di noi.
E si tratta di una strega; l’archetipo oscuro del femminile, di madre natura.
E si tratta di una che non se ne sta lì buona a filare la calza, anzi diciamo meglio la tela, anzi ancor meglio la ragnatela.
Quella no: quella ti corre dietro per prenderti, per mangiarti, per inghiottirti nel suo incantesimo.
Per vincere davvero non basta attraversare la notte, dobbiamo vincere la nostra ombra, che è molto più potente di noi.
Non ce la faremo mai, pensa disperato ragnetto…. Golia è più grosso di Davide, il male è il padrone di casa, egli è il principe di questo mondo, Lucifero è insediato al centro della nostra terra…..
Ci troviamo qui a confronto con l’ombra non solo individuale ma anche collettiva: la lotta col Male.
Se volevamo scegliere un simbolo adatto a simboleggiare la madre nera dobbiamo dire che la scelta del ragno è tipica e adeguata. Un ragno, senza diminutivo, non un ragnetto.
La vedova nera, lo scorpione, la piovra etc. infatti sono simboli adeguati a simboleggiare un essere che ti si aggrappa in modo mortale, soffocante, che ti tira giù, sotto il mare , o che ti cattura dentro una rete, una ragnatela.
Il ragno uccide una mosca intrappolata in una ragnatela in modo crudele e spietato, non c’è traccia di compassione.
E Wisky è un ragnetto, nell’animo è proprio un ragno: egli dovrà quindi confrontarsi con la propria ombra. [4]
Ed anche la streghetta è una strega; il diminutivo non rincuora molto il nostro ragno, di vera strega trattasi; non c’è proprio da stae tranquilli, proprio niente da ridere.
Ed infatti qui, a questo punto della vicenda, i bambini hanno paura.
Ed accompagnano questo brano della filastrocca con gesti che indicano il portare qualcosa alla bocca e distruggerlo coi denti.
A questo punto , come in un sogno, abbiamo raggiunto un apice, un culmine. La situazione richiede una soluzione, un ri-solvere. Una conclusione “per lisi o per crisi”, come si dice in medicina per la risoluzione di una fase acuta di una malattia.
L’unica possibile soluzione per non soccombere, per non sottostare a tanta guerra, a tanto avversario, è quello di chiamare in causa qualcosa di più potente, di più grande della streghetta.
Un elemento femminile ancor più potente dell’odio: un femminile di amore.
E non resta nella paura che rivolgersi alla mamma. Rivolgersi alla madre, la madre di tutte le cose, che ci protegga, che parli alla strega; noi non non ce la possiamo fare, vedrà lei come fare. [5]
Quello che il ragnetto sa è che in braccio alla sua mamma c’è la protezione assicurata, che non c’è madre nera che tenga se sei in braccio a mamma bianca.
La mamma è la vera casetta in cima alla montagna, il rifugio sicuro.
Al pellegrino non resta che ricoverarsi in braccio a Maria-Beatrice, per salvarsi “l’animaccia nera” sua. Solo la mamma può salvarlo.
Ma solo a condizione che non se ne stacchi per nessuna ragione, mai più in futuro; ragnetto ha imparato, ed è così che è arrivato a casa.
Riassumendo, Wisky rappresenta ciascuno di noi.
Wisky è sbronzo, come dice il nome, ha lo spirito che gli da alla testa; biondo ed ubriaco, ha la coscienza ipnotizzata, obnubilata, ma gli rimane una determinazione a salire sempre più su.
Tuttavia questo non basterebbe a vincere il male: sarebbe un po’ come un Ulisse che riuscisse ad andare in paradiso senza passare per l’inferno.
Ragnetto ha imparato ad arrivare a casa, è semplice. Ha imparato, a ritornarsene da dove era venuto.
Per finire, alcune considerazioni finali. Il ritmo della filastrocca prevede un forte e e un piano, un moto attivo ed una pausa, un incalzare e un segnare il passo, a sottolineare dove quel passo porta: più giù, più su….. I suoni ritmano con le k e le t , (Wisky, ragnetto), con le a e le m (dalla sua mamma) l’unione degli opposti, del Sole e della Luna, della vita e della morte; il saliscendi dell’energia.[6]
I bambini ridono, i grandi anche, ragnetto è salvo.
Fine della tragedia, ognuno ha la sua mamma e tutti fan la nanna. Riposo.
Una Divina Commedia, la vita.
[1] Verso il basso: l’energia non riesce a risalire, c’è un ostacolo. Quando Dante nella Commedia cerca dirisalire il monte incontra le tre fiere, e la lupa in particolare fa proprio questo, lo ricaccia giù: “A poco a poco / mi ripigneva là dove il sol tace…”
[2] “Sì ch’a bene sperare m’era cagione / di quella fera alla gaietta pelle (la lonza) / l’ora del tempo ( mattino) e la dolce stagione (primavera)…”
[3] “Il problema che non ti ammazza ti fa crescere.”
[4] Per proseguire con l’analogia con la Commedia, il nostro Dante dovrà fare i conti con la superbia luciferina del suo Ego.
[5] Nel momento culminante della Commedia anche Dante si rivolge alla Madre; San Bernardo infatti gli suggerisce che “Orando Grazia conven che s’impetri /Grazia presso colei che può aiutarti”.
[6] Tre quartine, una terzina, dodici versi ed un tredicesimo sbocco conclusivo, uno e trino.
Comments
Beatrice
Incantevole canzoncina! Anche io la cantavo da bambina! Grazie per la i interpretazione
admin
Grazie!